Sci: copri-tuta per atlete iraniane
___Gressoney-Saint-Jean (Aosta) – Al posto del velo il casco e lo scaldacollo, e sopra la tuta da sci, non aderente, alcuni pantaloncini imbottiti. Nel rispetto delle prescrizione islamiche, ma anche delle norme sportive internazionali, quattro giovani atlete iraniane, di 15 e 16 anni, si sono presentate al cancelletto di partenza dello slalom speciale dei campionati mondiali studenteschi di sci, in corso a Gressoney, in Valle d’Aosta.
Pantaloncini a parte, Saina Savojl, Hadis Ahmadi, Najmeh Zalitorojeni, Sadaf Savehshemshaki non si distinguono dalle altre concorrenti provenienti da Europa e America. E alla fine portano a casa dignitosi piazzamenti tra il 33/o e 38/o posto, davanti ad atlete irlandesi, inglesi, spagnole e italiane.
La presenza della delegazione iraniana a Gressoney è improntata alla discrezione, al fair play e alle buone relazioni con le altre rappresentanze nazionali. «Essere qui significa avere l’opportunità di conoscere altri giovani, di incontrare amici già conosciuti in altri meeting sportivi», spiega Hadis Ahmadi, 15 anni, che si presenta all’intervista con il tradizionale hijab che copre il capo e il collo e vestita con tuta da ginnastica e gonnellino. Hadis è già una campionessa di sci alpino; lo scorso gennaio era a Innsbruck (Austria) alle Olimpiadi giovanili. «Ho un’amica francese conosciuta in Austria – racconta ancora Hadis – a cui sono molto legata, ci scriviamo un sacco di e-mail e qui a Gressoney ci siamo riviste».
La giovane promessa dello sci iraniano, figlia d’arte (suo padre era in Nazionale una ventina di anni fa) è una dei 400 giovani atleti, provenienti da 16 nazioni – dal Cile alla Bulgaria, dall’Irlanda al Liechtenstein – in Valle d’Aosta fino a sabato prossimo per i Mondiali studenteschi, organizzati dalla International School Sport Federation (Isf).
Gli iraniani (quattro ragazzi e quattro ragazze) arrivano quasi tutti da Dizin, una stazione sciistica a nord di Teheran, sui monti Elburz, e provengono da una selezione tra i migliori allievi delle scuole di sci locali. Con loro ci sono tre tecnici, un capo delegazione e un addetto alla sicurezza.
Zahra Kalhor, 33 anni, abbronzatura da maestra di sci sotto un elegante foulard a fiori usato come velo, è l’allenatrice della squadra femminile, con un passato d’atleta. Anche la sua è una famiglia di sportivi: ancora prima della Rivoluzione islamica del 1979, suo padre ha scritto pagine importanti della storia dello sci iraniano, partecipando nel 1976, alle Olimpiadi invernali di Innsbruck. «Lo sport apre le frontiere – dice – consente di conoscere il mondo, altre realtà, fare confronti». Dunque, nessuna restrizione nei contatti con le altre delegazioni? «E perché mai dovrebbero esserci limitazioni?», replica Zahra.
Eppure, sul fatto che quella iraniana non sia una presenza come tutte le altre, qualche indizio c’è. È l’unica squadra che ha preteso un albergo separato dagli altri Paesi, sorvegliato con discrezione anche dalla polizia italiana, a tutela della tranquillità e della sicurezza dei ragazzi. «A noi interessa solo stabilire delle buone relazioni con tutti gli altri, secondo i valori sportivi stabiliti dall’Isf a cui aderiamo», taglia corto Mohammadi Zabihallah, capo della delegazione. «La competizione sportiva è solo un aspetto di questi eventi – prosegue i dirigente sportivo – certo, se l’Iran, che è tradizionalmente un outsider in queste discipline, vincesse qualche medaglia ne saremo felicissimi e renderemmo orgoglioso il nostro Paese».