ramazzano:fermato il basista di etnia rom catalin che potrebbe portare alla banda albanese
Le indagini sulla sanguinosa rapina a Ramazzano (Pg), in cui ha tragicamente perso la vita Luca Rosi, bancario 38 enne, per difendere la sua fidanzata dall’assalto dei bandito vengono svolte dagli inquirenti a ritmo serrato e nel più stretto riserbo. C’è un fermo che potrebbe rappresentare la svolta nelle delicate indagini anche sulle altre rapine seriali in villa, commesse nelle ultime settimane intorno a Perugia. E l’interrogatorio davanti al giudice, in programma nelle prossime ore, potrebbe fornire ulteriori elementi dopo le mezze ammissioni che Catalin Simonescu, rom di 23 anni, fermato sabato 10 Marzo 2012, con l’accusa di concorso in rapina, sequestro di persona e violenza sessuale. L’accusa si riferisce alla rapina compiuta in una villa di Resina nel corso della quale una donna di 54 anni sudamericana, nonna di una ragazzina è stata violentata mentre il genero con la compagna erano fuori casa. Sarebbe il rumeno, secondo la ricostruzione accusatoria da parte degli inquirenti, l’uomo che avrebbe accompagnato a Pietramelina, nella campagna perugina, la banda che è composta da albanesi che ha assaltato l’abitazione di Sergio Papa, e violentato la madre della compagna. Un gesto brutale, selvaggio. Commesso per sfregio, quasi per noia, a pochi passi dalla nipotina di 14 anni, talmente terrorizzata dai feroci rapinatori da aprire il portafoglio e consegnare loro i suoi risparmi, dieci euro.
Una pista percio albanese, quella imboccata dalla intelligence dell’Arma, che potrebbe condurre gli investigatori a risolvere anche l’omicidio di Luca Rosi.
Simonescu ragazzo di etnia rom è stato bloccato a Sarteano, in provincia di Siena. Si nascondeva a casa di stranieri(albanesi), sembra dopo aver capito che i Carabinieri gli stavano ormai con il fiato sul collo. Controllando senza sosta la comunità albanese e quella rom (alcune verifiche ci sono state anche sui voli Perugia-Tirana).
Secondo l’accusa il 3 febbraio scorso Catalin avrebbe accompagnato il commando albanese a Pietramelina. Poi attese, appostato, che Papa e la compagna uscissero dal loro ristorante, «La Gitana», per tornare a casa. Dove i complici, nel frattempo, stavano violentando la suocera. Finito il colpo e terminato lo stupro, li andò a riprendere. Ma utilizzò la sua auto e un testimone lo notò.
C’è però un altro elemento importante che potrebbe collegare il colpo ai danni di Papa con quello di Ramazzano: una pistola calibro 9 corto. Venne rubata a casa del ristoratore dal capobanda, il più spietato, il più feroce. E’ lo stesso calibro utilizzato per uccidere il giovane bancario Luca Rosi, che nel colpo commesso a casa della madre qualche giorno dopo aveva cercato di difendere la fidanzata e per questo era stato freddato dai banditi albanesi. Al momento, tutta la vicenda che ruota intorno alla pistola è solo un’ipotesi investigativa, ma sono in corso accertamenti da parte della sezione balistica del Ris di Roma sull’arma, sui bossoli recuperati nella villetta e sulle ogive estratte dal corpo martoriato del povero Luca. Sembra comunque che molte coincidenze siano state create ad arte per depistare le indagini. Il rumeno fernato sarebbe stato incastrato dalle telefonate intercorse tra lui e i banditi che il 3 Febbraio erano in casa di Papa. Cinque chiamata e poi ancora quelle effettuate con un altro cellulare, rubato durante la rapina la rapina a Pietramelina. Il giovane avrebbe frequentato in maniera piuttosto assidua il ristorante del proprietario della villa a Pietramelina, e da qui avrebbe ricavato le informazioni poi passate alla banda albanese che ha effettuato il colpo, circa un mese fa. Al vaglio degli investigatori anche le foto scattata ad un misterioso camion bianco telonato notato davanti al cancello di una fabbrica di prefabbricati che si trova accanto alla villetta. Sembra comunque che gli inquirenti abbiano in mano molti altri indizi e che la verità non sia troppo lontana.